Poco dopo l’una del 4 agosto 1974, sul treno che da Roma andava a Monaco, una bomba scoppia sulla carrozza cinque. Per fortuna che l’ordigno è scoppiato subito dopo la galleria di San Benedetto Val di sembro, altrimenti sarebbe stata una carneficina. Nessuna fortuna hanno avuto però le dodici persone che ci hanno lasciato la vita e le quasi cinquanta ferite più o meno gravemente. Come la strage di Brescia, alcuni mesi prima, anche questa ha una chiara matrice fascista. Si dice per altro che su quel treno avrebbe dovuto salire anche Aldo Moro, ucciso poi quattro anni dopo dalle Brigate Rosse: per qualche ragione lo perse e non perse la vita. Senza nessuna autopromozione, per rileggere quegli eventi con le parole ed i sentimenti di allora (e vedere cho era Leone), è molto utile sfogliare il mio libro “L’educazione sentimentale del manager” che nella prima parte riporta proprio i diari dal 1972 al 1978.
Chi ha cantato in modo perfetto quella strage è il grande poeta Claudio Lolli: “Piazza, bella piazza” è una filastrocca romantica ed amara. Piazza, bella piazza ci passò una lepre pazza, uno lo cucinò, uno se lo mangiò, uno lo divorò, uno lo torturò, uno lo scorticò, uno lo stritolò, uno lo impiccò e del mignolino ch’era il più piccino più niente restò.
Piazza, bella piazza, ci passò una lepre pazza… Ci passarono dieci morti i tacchi, e i legni degli ufficiali, teste calve, politicanti un metro e mezzo senza le ali, ci passai con la barba lunga per coprire le mie vergogne, ci passai con i pugni in tasca senza sassi per le carogne.
Piazza, bella piazza, ci passò una lepre pazza… Ci passò tutta una città calda e tesa come un’anguilla, si sentiva battere il cuore, ci mancò solo una scintilla; capivamo di essere tanti capivamo di essere forti, il problema era solamente come farlo capire ai morti.
Piazza, bella piazza, ci passò una lepre pazza… E fu il giorno dello stupore e fu il giorno dell’impotenza, si sentiva battere il cuore, di Leone avrei fatto senza, si sentiva qualcuno urlare “solo fischi per quei maiali, siamo stanchi di ritrovarci solamente a dei funerali”.
Piazza, bella piazza, ci passò una lepre pazza… Ci passarono le bandiere un torrente di confusioni in cui sentivo che rinasceva l’energia dei miei giorni buoni, ed eravamo davvero tanti, eravamo davvero forti, una sola contraddizione: quella fila, quei dieci morti.
Qui Lolli è al mio fianco (e di fianco al giudice Libero Mancuso) alla presentazione de “L’educazione sentimentale del manager” (del quale ha scritto una superba prefazion) il 27 febbraio 2006, alla libreria Feltrinelli di Bologna
Qui invece siamo a Rubiera, nell’ottobre 2006, quando a “L’orto dellelle competenze” la mia amica Judith ha messo in scena brani del libro. Da sinistra: il maestro Paolo Capodacqua, Claudio Lolli, io, Ugo Di Ghero ed il regista Francesco Bardi.
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