Vacanze in Birmania

Poco meno di venti giorni. Ma non ho velleità da esploratore, so che sono un turista e l’unica cosa che faccio è proteggermi da tour organizzati con pulman che partono troppo presto e ritmi nevrotici per vedere tutto, delirio insensato degli assetati del niente.

Con Simo abbiamo girato un pò per quella terra, immergendoci di giorno nella realtà di quel paese, mentre per la sera ci riservavamo soluzioni da turisti in ottime strutture.

La Birmania, che adesso si chiama Myanmar, è un paese che credo appartenga al quarto mondo ed è retto da un governo militare che non si vede ma c’è. Basta chiedere ad un tassista di portarti alla casa in cui da anni il premio Nobel Aung San Suu Kyi (figlia dell’eroe nazionale che diede l’indipendenza allla Birmania, nel 1990 vinse le prime elezioni libere del paese ma lo SLORC – State Law and Order Restoration Council, poi trasformato solo nominalmente in SPDC – State Peace and Development Council, le impedì di assumere il potere, esiliando, uccidendo e arrestando i dirigenti del partito democratico) è di fatto incarcerata, per capire che non è possibile. E il perchè è chiaro: lui verrebbe arrestato e tu turista espulso con il primo volo.

Il generale Than Shwe, dittatore della Birmania, cura molto la sua immagine ed in tutti i monasteri ci sono sue fotografie che lo ritraggono mentre devotamente offre omaggi a Buddha, comprese le gold lives. Le gold lives sono fogli sottilissimi d’oro prodotti da centinaia di ragazzi che per tante ore al giorno con delle mazze colpiscono piccoli lingotti, in situazioni di lavoro davvero primitive. Alla domanda: “Ma non si può fare con una macchina?” la risposta è stata che avevano provato con una pressa giapponese, ma il foglio non diventava così sottile. Bè, anche persone poverissime comprano un pò di queste foglie d’oro e le appiccicano ai tanti Buddha che ci sono nei tanti monasteri. Probabilmente in quelle condizioni se non ti affidi a Buddha…

Ciò nonostante la Birmania è un bel paese, per i suoi paesaggi, per alcuni siti archeologici (Bagan mi ha emozionato come Tikal e Palenque: Machu Picchu è oltre), per le persone sorridenti e non rassegnate. Sul lago Inle diverse canoe trasportano persone che vanno a raccogliere alghe e terra dai bassi fondali per fare delle isole galleggianti sulle quali coltivano tantissimi ortaggi che poi vendono ai diversi mercatini, non dissimili da quelli del Guatemala (Chichicastenago) o del Perù. C’è di tutto e di più, in una danza di colori ed odori (non sempre gradevoli). Producono eccellenti ombrelli di carta ottenuta dal gelso, sete, tessuti di loto (stupendi), marmi, lacche…E poi i monaci buddisti, dai più anziani ai giovanissini in pre noviziato, che al mattino vanno a raccogliere nelle loro ciotole cibo offerto dalle persone e poi conferiscono tutto in grandi refettori. Le Pagode, le Stupe ed i Monasteri richiedono rigorosamente piedi scalzi (se non prendo qualche fungo sta volta…) e il longy per gli uomini, una specie di sottana che in Sri Lanka si chiamava sarong.

In luglio ci sono pochissimi turisti e questo compensa alla grande qualche acquazzone portato dai monsoni. Le strade sono accidentate (dieci ore per fare poco più di duecento chilometri) ma permettono di vedere paesaggi che si perdono con i pur efficienti voli interni. L’aeroporto di Yangon non ha computer, le carte di credito non esistono e i telefoni cellulari non funzionano (a parte una piccola loro rete locale). In un grande albergo mi sono connesso ad internet ma non ho potuto accedere alla mia casella di posta, cosa che è tranquillamente avvenuta nella vicina Thailandia, dove abbiamo passato gli ultimi giorni di mare e relax.

E’ stata un’ottima vacanza!

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