caro Gianni, sono vent’anni: e non sembra ieri

Il 24 giugno del 1989 Gianni schiacciò l’ultima palla della sua vita. Aveva da pochi giorni compiuto trentatrè anni e un male cattivo non gliel’ha perdonata. Gianni è stato uno dei fondatori del Volley di Castelvetro ed i suoi amici e compagni di sport hanno fondato, subito dopo la sua morte, l’associazione Drago Celeste 8, che ogni anno organizza il torneo di pallavolo “con Gianni”. Si fa sport, si mangia e si raccolgono fondi per la ricerca sul cancro. Non male, soprattutto se si pensa che non hanno mai saltato un’edizione.

Gianni è stato un mio grande amico nel periodo dell’adolescenza, fino a quando avevamo più o meno ventidue o ventitre anni. Dopo ci si vedeva qualche volta, spesso a sciare, ma ovviamente l’intensità era scemata, direi senza rimpianti, così, naturale. A Gianni ho dedicato il mio libro “L’educazione sentimentale del manager” perchè, nella prima parte che racconta gli anni dal 1972 al 1978, ci sono i nostri giorni (di allora ragazzi) scanditi da sogni, attività, vacanze, sbornie, cantate e chitarrate, utopie e gioie e malinconie. Con i miei amici Beppe e Carlo abbiamo scritto “Armentarola – Falzarego e ritorno” che contiene anche un cameo su Gianni e sul Drago Celeste.

Con Gianni ho condiviso la preparazione degli esami di maturità, pur facendo scuole diverse veniva a studiare da me, in campagna, perchè c’era più fresco. E poi un mitico viaggio in autostop in giro per l’Europa: un mese indimenticabile! Ci ho fatto anche una canzone, mentre ci riposavamo nei parchi o, alla sera, chiaccheravamo negli ostelli. Qui sotto siamo a Colonia, nell’estate del 1974. I bagagli erano davvero solo quelli che si vedono ai nostri piedi:

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Qui invece siamo ad Amsterdam. Non per fare il virtuoso, però posso proprio citare Guccini (a Gianni piaceva più De Gregori): “E noi non l’avevamo mai fatto, e noi che non l’avremmo fatto mai, quell’erba ci cresceva tutto intorno…”. Non eravamo provinciali, è che non ci fidavamo.

Quando Gianni andò a soldato mi scriveva spesso, lettere affettuose e di cronaca sulla vita del militare. Quelle parole, che conservo con tanta cura, erano intrise anche di ironia: sapevamo passare dalle discussioni più serie ai cazzeggi più rarefatti, forse complice anche il vino che amavamo con sincerità.







Gianni era molto affezionato ai miei genitori, Lino e Vittoria, ed io ai suoi, Didaco e Lidia. Mi emoziona vedere la sua calligrafia, i suoi disegni, leggere le sue parole.





Da sinistra: Lupetto, Magilla, io, Vettu, Piero e Gianni. Sullo sfondo, il campanile di Castelvetro.

A una delle ultime settimane bianche fatte insieme, con Gianni vestito da Pierrot ed io con un cappello più o meno simile al suo. Per la privacy non posso svelare le altre identità:



Dopo vent’anni socializzo un pò di ricordi, così chi non l’ha conosciuto perchè non era ancora nato possa immaginarsi chi ci sta dietro a quel tizio al quale hanno dedicato la palestra comunale. E poi mi piace pensare che anche i giovani di adesso possano coltivare amicizie importanti e che non finiscono mai, come noi abbiamo vissuto negli anni settanta: come scrive magistralmente Claudio Lolli nella prefazione del mio libro, non sono stati solo anni di piombo, ma anche di crescita.



Chissà, caro Gianni, come saresti adesso… Bè, comunque ciao!

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