L’intervento di counseling

Nella vita i passaggi difficili non si possono evitare: problemi sul lavoro, la perdita di una persona cara, il figlio che va male a scuola, una separazione, una malattia, vertenze legali…
Quando abbiamo male a un dente o a una spalla, non esitiamo ad andare dal dentista o dal fisiatra per curarci.
Se invece la sofferenza è a livello dei sentimenti, spesso ci vergogniamo anche solamente a parlarne. Siamo schiacciati tra la finta robustezza di dover farcela da soli e la paura che gli altri non comprendano perché stiamo soffrendo.

Marcella Danon, psicologa e trainer Counselor, definisce il Counseling “un incontro a due (Counselor e Cliente) in cui attraverso il dialogo, ma anche e soprattutto, la qualità della relazione…, si creano le condizioni ottimali per alleggerire il peso di preoccupazioni e dolori condividendoli con un ascoltatore attento, sensibile e partecipe”.
L’intervento di Counseling entra quindi nel relazionale profondo, pertanto si differenzia da quelli di Coaching o di Mentoring, per non parlare delle consulenze sulla comunicazione aziendale.

Un intervento di Counseling si struttura in tre fasi:

  1. iniziale;
  2. di apertura;
  3. finale, di restituzione e chiusura.

Nella fase iniziale Counselor e Cliente definiscono il Contratto, si conoscono reciprocamente e costruiscono la relazione e l’alleanza indispensabile perché il Cliente possa darsi il permesso di sperimentare il cambiamento, in una situazione protetta e aiutato da un professionista competente e vicino. Il Contratto mette a fuoco un obiettivo condiviso che, pur finalizzato ad un miglioramento complessivo della vita del Cliente, anche attraverso un alleggerimento delle sue difese, deve essere chiaro, circoscritto, concreto e verificabile.

La fase centrale, di lavoro vero e proprio, è caratterizzata prevalentemente da un processo cognitivo ed emotivo mediante il quale il Cliente riconosce gli elementi della propria personalità non congruenti con la situazione, i vissuti ed i comportamenti attuali, ma ripetuti quasi in modo automatico su vecchi schemi costruiti nel passato.
Raggiunta questa consapevolezza, il Cliente – aiutato dal Counselor, apprende ad attivare comportamenti, pensieri ed emozioni finalizzati ad affrontare in modo efficace il “qui ed ora”, senza contaminazioni derivanti da rigidi pregiudizi o da schemi arcaici ed infantili.
Il Cliente sperimenta quindi una esperienza emotiva nuova, vede di sé cose che non si era mai permesso di vedere, e forse nemmeno di pensare: avrà quindi più fiducia in sé stesso e negli altri.

La fase finale, di chiusura, si concentra sulla verifica degli obiettivi e della relazione instaurata. Counselor e Cliente verificano se l’obiettivo del contratto sia stato raggiunto, in che modo, cos’è cambiato. Si dà cioè un senso al cambiamento che il Cliente ha fatto nel pensare, nel sentire e nel comportarsi. Serve a raccogliere e concludere tutto ciò che è emerso, sia come maggiore consapevolezza che come possibili soluzioni.

Un percorso di counseling si articola in circa dieci incontri di cinquanta minuti ciascuno, con cadenza solitamente settimanale.
Si tratta in genere di un percorso individuale, ma secondo la situazione può coinvolgere anche una coppia od un gruppo di persone.
Il percorso si svolge con la garanzia di totale riservatezza, in un ambiente accogliente e raccolto.
Per molti è una nuova esperienza avere a disposizione dieci incontri per parlare di sé, per essere ascoltati e potersi confrontare alla pari, senza essere giudicati.

Ci si può avvicinare al Counseling anche per migliorare il proprio benessere, sia professionale che personale, senza necessariamente essere immersi in problematiche gravi. Ciò detto, penso al Counseling come ad un intervento tutto sommato semplice ma nello stesso tempo molto profondo.

Differenze tra Counseling e Psicoterapia

Esiste una notevole conflittualità tra queste due professioni, anche se tutti i docenti del Centro Berne erano provetti psicoterapeuti.
Ma, soprattutto in Italia, gli Ordini professionali sono spesso rigide corporazioni. La legislazione italiana, recependo una Direttiva dell’Unione Europea, prevede che le diverse Associazioni di Counseling possano essere iscritte a un elenco redatto dal Ministero della Giustizia.
I confini tra queste due specializzazioni restano molto importanti: in primis, la Psicoterapia rivolge il proprio intervento a livello intrapsichico, mentre il Counseling interviene a livello relazionale ed interpersonale.
Possiamo dire che mentre il Counselor lavora sul “qui ed ora”, lo Psicoterapeuta risale alle ragioni antiche e profonde del disagio, per smantellarle e ricostruirle.

Un’altra differenza è che il Counseling usa la parola (e non ad esempio l’analisi dei sogni) e la relazione per affrontare i problemi e non interviene sulle cause che hanno originato quel problema.
Per comprendere meglio la differenza è utile chiarire che il Counselor non fa alcuna terapia, non opera cure di nessun genere né consulenze, non usa mai il prefisso psico, se non acquisito per competenza (es. Counselor operatore psicosociale, Counselor operatore psicopedagogico).

Un altro elemento differenziante è il tempo del percorso, decisamente più breve nel Counseling (come dicevamo, orientativamente dieci sedute settimanali di un’ora, poco più di due mesi) rispetto alla Psicoterapia.
Questo perché il Counselor si rivolge ad un Cliente che ha le energie, anche se offuscate in quel particolare momento, per reagire e risolvere la situazione: lo Psicoterapeuta invece rimuove problematiche che di norma inibiscono strutturalmente il benessere del Paziente.
Chi esercita questa professione deve saper riconoscere se il problema interno del Cliente è di competenza del Counseling o se invece richiede un intervento di Psicoterapia: in quest’ultimo caso il Counselor deve indirizzare il Cliente verso uno Psicoterapeuta, riconoscendo che il percorso fatto per arrivare a questa decisione è già di per sé un aiuto fornito al Cliente.