“Il nemico stimola e la fratellanza, invece, impegna”.
Con queste parole, Umberto Galimberti ha concluso la sua lezione magistrale a Carpi, davanti a migliaia di persone ordinatamente disposte in Piazza Martiri, allestita per il festival della Filosofia.
Con la bravura e la chiarezza che gli sono proprie, il Filosofo ci ha accompagnati attraverso la storia e l’attualità, per cercare di dare un significato allo spaesamento attuale.
La cultura antropocentrica, contestata già secoli fa da Copernico e altri, è ancora ben salda nel nostro mondo, illuso dal fatto che la salvezza sarà comunque il dono del futuro.
Questo induce a una sorta di “rassegnazione in terra” mentre, come ammoniva Pier Paolo Pasolini, la parola <speranza>, in quanto passiva, andrebbe eliminata dal vocabolario concettuale e verbale.
Galimberti non poteva certo esimersi dal ragionare l’ennesima volta sull’era e il predominio della Tecnica. Che non è uno scopo, ma un mondo che ha come unica finalità quella di funzionare, senza dischiudere orizzonti di senso né svelare verità. Il suo scopo è solamente potenziare se stessa: auto posizionamento a prescindere. Lo sradicamento dell’essere umano parte da qui, come già rifletteva Heidegger nel 1966.
La Tecnica mette in crisi la Politica, che perde il monopolio delle decisioni perché dipende e si rifà all’economia, che a sua volta guarda alla Tecnica.
La Tecnica mette in crisi anche la Democrazia, introducendo temi che quasi nessuno comprende. Ad esempio, per decidere sul nucleare o sugli Ogm, occorrerebbe avere solide conoscenze di fisica nucleare o di biologia. Non avendo le competenze necessarie, si finisce per decidere e delegare su base irrazionale. Si cade nella fascinazione, appoggiando chi offre soluzioni semplici (semplicistiche) a problemi complessi. È questo il populismo, nutrito dal livello culturale estremamente basso e dall’impietoso stato della scuola.
In questo contesto, l’etica celebra la sua impotenza, perché agisce in vista di fini, mentre il mondo è ora regolato dal fare, come pura produzione di risultati.
Mentre il fine della scienza è quello di fare ricerche su lungo periodo, cercando risultati ed evidenze in modo causale, la Tecnica ci ha abituati al pensiero breve, avviando il crepuscolo delle religioni e della storia.
Per la Tecnica il passato significa sorpassato, inutile. Perché si preoccupa dello sviluppo e non del progresso: il mito dell’efficienza fine a se stesso.
Ho trovato molti parallelismi e suggestioni convergenti con il bel libro del filosofo tedesco-coreano Byung-chul Han: Infocrazia. Laddove, soprattutto, Byung-chul Han insiste sulla differenza tra informazione e verità. Ma questo è un altro articolo.
Di fronte all’attuale spaesamento, Galimberti propone l’etica del viandante che, a differenza del viaggiatore, si muove per fare esperienza, non per arrivare alla meta. E non guarda il prossimo con lo specchio di sé, ma impara e sperimenta la differenza.
E qui Galimberti prepara la scarica finale: “entrare in contatto con il diverso sarà la sola salvezza della Terra…”, “…i confini sono più nella testa che nei fatti e le migrazioni non sono un’emergenza, ma l’antico stato dell’uomo”.
Dal dominio dell’uomo su tutte le cose all’interconnessione dell’uomo con tutte le cose, cominciando a decentrarci un po’.
Perché l’uomo è la forza geofisica più distruttrice, tanto che durante il Covid, a Venezia, sono scomparse le pantegane e apparsi i delfini. Solamente perché l’uomo (per un po’) ha smesso di fare.
Poiché, quando si romperà la biosfera, la Terra finirà di esistere (senza che l’universo se ne accorga), occorre invertire il paradigma: da antropocentrico a biocentrico, includendo nei diritti dell’uomo anche i diritti della Natura
L’umanità deve difendersi da se stessa, non dal nemico. Poiché la Terra è la vera nostra patria, occorre costruire un’etica cosmopolita, superare le “guerre di ignoranze tra Illuminismo e religione” e dire basta con l’universalismo occidentale.
Perché la pace, come diceva Kant, è possibile solo se si eliminano gli Stati, che predicano l’ugualità, la libertà e la fraternità al loro interno, ma fuori… guerre!
Dalla ragion di Stato alla ragione dell’Umanità, non partendo però dai valori, che sono divisivi e ognuno ha i suoi, ma dall’interesse.
Ricordandoci che ogni principio di sovranità, o sovranista, è un principio contro la Terra, e che dobbiamo passare dalla logica del nemico a quella della fratellanza.
Il grande Enzo Spaltro, tempo fa, scrisse dieci ipotesi per una psicologia della pace, esortandoci a migrare dalla società dei guerrieri a quella delle connessioni.
Ma i Maestri sono sì nell’anima, ma purtroppo poco nella testa, nelle braccia e nelle gambe.
Lauro Venturi – 17 settembre 2023
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