Petrolio

Petrolio voleva essere per Pasolini l’opera definitiva, duemila pagine dove raccogliere le sue esperienze e le sue memorie. Non voleva parlarne, forse perché lo considerava la sintesi di sé.

Molti anni dopo la sua morte, viene pubblicato un libro che a me sembra un baule, nel quale qualcuno con delicatezza e attenzione ha cercato di mettere, nel modo più ordinato possibile, tutti i materiali disponibili.

Possiamo immaginare, solo immaginare, cosa volesse fare.

Però capiamo che fa stare insieme i suoi tormenti personali, a partire dalle compulsioni sessuali, con la storia di quest’Italia che inizia ad affacciarsi al boom, tra le porcherie della politica, la tristezza povera della borghesia, l’intreccio tra i grandi boiardi di stato, i servizi segreti,…

Ho colto quasi una premonizione sulla sua morte, quasi che se la fosse immaginata. Descrive una spiaggia molto simile a quella che raccoglierà gli ultimi suoi respiri, in quel due di novembre, giorno dei morti, del 1975,

Così come voleva inserire nella trama una strage, descritta come una Visione, alla stazione di Bologna, che dopo sette anni arrivò, purtroppo.

Intorno al protagonista principale, al quale Pasolini dà il nome di suo padre, l’autore ci porta dentro ai salotti romani bipartisan, nei quali con non troppa fatica si possono scorgere bene alcuni personaggio noti a chi ha vissuto quegli anni.

Ci porta nelle inumane borgate e ci traccia profili dei borgatari che sono, da soli, capolavori: “I giovani avevano i capelli lunghi di tutti i giovani consumatori, con cernecchi e codine settecentesche, barbe carbonare, zazzere liberty; calzoni stretti che fasciavano miserandi coglioni. La loro aggressività, stupida e feroce, stringeva il cuore. Quella massa di gente sciamava per quella vecchia strada senza il minimo prestigio fisico, anzi fisicamente penosa e disgustosa. Erano dei piccoli borghesi senza destino, messi ai margini della storia del mondo, nel momento stesso in cui venivano omologati a tutti gli altri”.

Bè, un libro amaro ma anche molto attuale, che forse solo Pasolini, passando dal narratore al giornalista, dal regista allo sceneggiatore, poteva scrivere dandoci, con largo anticipo, l’idea di dove saremmo finiti.

Chissà cosa scriverebbe di questi nostri tempi così miseramente decadenti?

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