Sulle scogliere di marmo

“Io giurai, di fronte a quel capo mozzo, che in futuro, in qualsiasi istante, avrei preferito morire in solitudine tra uomini liberi piuttosto che trionfare in mezzo a un branco di servi”.

Così scrive Jünger che pur aveva voluto arruolarsi nella legione straniera, spinto da un quasi adolescenziale moto di ribellione verso la parassita borghesia, sempre attenta solo al suo benessere a alla sua sicurezza.

Pur essendo stato molto attivo e convinto durante la prima guerra mondiale, fino ad essere decorato con la croce di ferro, quando il partito nazionalsocialista tedesca prende il potere, nel 1933, Jünger si distacca.

Questo filosofo tedesco manterrà (però) sempre un marchio, che oggi pare ingiusto e superficiale, di connivenza con il nazismo, nonostante questo libro fu considerato come un attacco all’ideologia nazista proprio dai nazisti, nonostante anche Hannah Arendt, ebrea, considerasse Jünger, pubblicamente, un nemico di Hitler.

“Tali sono i sotterranei su di cui si adergono gli orgogliosi castelli della tirannide e attorno ai quali aleggiano i profumi delle orge: caverne esalatrici di miasmi della più orrenda specie, ove una marmaglia, dannata per tutta l’eternità, atrocemente si diletta di profanare la umana dignità e la libertà umana” scrive Jünger.

“Sulle scogliere di marmo” sa di fantasia e di metafora intelligente. Ci porta alla Marina, dove un popolo tranquillo e pacifico, innamorato della terra e della natura, viene perseguitato dal Forestaro e dai suoi sgherri, che utilizzano cani mostruosi, vere e proprie macchine da guerra.

Ma Jünger lascia che il protagonista, insieme a Fratello Ottone, possa godersi la pace dell’Eremo, parlando di libri e di piante, “secondo l’ordine antico nelle cose dello spirito, dagli esercizi del respiro e dall’imporci un regime nella nutrizione”.

Quando però il nemico incalza, il protagonista non esita a schierarsi con l’esercito dei Mauretani, perché non si può non stare dalla parte dei popoli che difendono la loro libertà.

Il Forestaro è il male: “La magistrale arte del Forestaro si dimostrava nel somministrare il terrore a piccole dosi, accresciute a poco a poco, allo scopo di produrre una paralisi delle forze che gli si opponevano. Egli assumeva la parte della forza ordinatrice, in questi torbidi, che assai finemente tramava nei suoi boschi; e mentre i suoi agenti minori, entrati a far parte delle leghe della Campagna, aiutavano il diffondersi dell’anarchia, gli iniziati s’introducevano negli impieghi, nella magistratura e persino nel clero, e vi erano stimati spiriti forti, capaci di dominare la plebaglia” . Bè, questa pagina 38 fa riflettere, no? Il Forestaro era Hitler? Ed essendo morto nel 1998, non è che Jünger abbia fatto un pensierino a qualche demagogo attuale?

“Ma che cosa sono umano consiglio e umano volere, se le stelle già segnano la fine? Tuttavia si tien consiglio di guerra anche prima di una battaglia perduta” ci dice Jünger, definitivamente convinto a dichiarare guerra alla guerra.

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