Questa notte ho tirato fin quasi le due per finire il libro di Sara Doris: “Ennio, mio padre”. Confesso che quando il mio amico Adriano me l’ha regalato ero molto perplesso: invece mi è molto piaciuto.
L’ho trovato gradevole e attraente, soprattutto perché centrato sulla narrazione, più che sull’analisi e sul giudizio.
Ennio Doris ha il mio stesso segno zodiacale, è nato pochi mesi dopo De André e Guccini. È nato in piena guerra e forse per questo non ha mai avuto paura. O meglio, non ha mai lasciato che la paura prevalesse fino a farlo soccombere. “L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza” scriveva Giovanni Falcone.
Bene, quindi, ha fatto l’autrice a svelare il sogno del suo papà, chiuso dietro a delle sbarre, così almeno l’inconscio ha potuto ospitare anche la dimensione intima dell’angoscia, rendendo Ennio Doris ancora più umano.
Il libro ha il profumo semplice, e per questo pregnante, della vita vera, non truccata da cipria o da lifting. E di profumi Ennio Doris se ne intendeva, visto il mestiere della moglie. Anche questa figura, Tina, è descritta molto bene, attraverso istantanee legate da un filo rosso, l’amore, come in un buon film. Non c’è nulla di sdolcinato in quei passaggi.
Da patito del cosiddetto “humanistic management”, sono certo che Ennio Doris ne sia un perfetto rappresentante. Doris ha vent’anni quando muore Adriano Olivetti e, aldilà delle differenze di tempo e di storia, analizzando bene questi due personaggi si potrebbero trovare molte similitudini.
Mi ha invece colpito l’intesa perfetta con Silvio Berlusconi, pur sapendo anche prima di leggere il libro quanto Ennio Doris lo stimasse.
Senza nessun furore politico, che non mi appartiene, reputo Berlusconi la più grossa disgrazia del dopoguerra: l’impoverimento culturale che ha portato con la tivù spazzatura, l’arroganza di chi si ritiene sopra la legge (si fece intervistare con una pistola ben in vista sulla scrivania), il sistematico ricorrere alla menzogna, il circondarsi di minorenni e olgettine, tutto questo mi è sufficiente a sostanziare l’affermazione prima esposta.
Leggendo il libro di Sara ho riflettuto che sicuramente Berlusconi non era solo quello a me inviso. Era anche un imprenditore visionario e una persona generosa, capace di capire chi vale e chi no. Era sia l’una che l’altra cosa, probabilmente.
E così, come Ennio Doris faceva l’elemosina al barbone anche se poi utilizzava i soldi per fumare, o forse invalido non era, io ho appreso la lezione di guardare sempre più a fondo per cogliere anche altre dimensioni.
Mi piacerebbe sapere se, come narrato nel film di Sorrentino, “Loro”, sia stato proprio Ennio Doris a suggerire a Berlusconi di comperare i deputati necessari per non essere sbattuto giù: questo stonerebbe non poco.
Al di là di questo, sì, è proprio un bel libro e scritto anche molto bene, con il cuore e con il rigore della ricerca dei piccoli particolari che fanno grande la narrazione. Se c’è stato il contributo di qualche ghostwriter, questo non si evidenzia e non fa inciampare il lettore: se ci sono, sono stati proprio ghost!
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