Agosto 2008 – Il primo amore per l’Harley

L’emporio Harley Davidson di St. Louis (Missouri) mi ha fatto incontrare la moto della quale mi innamorai subito: la XL 1200L Sportster 1200.

Una volta a casa la comprai subito, stesso colore e stesso modello. Allo Store acquistai subito giacca, berretto e guanti. Avevo appena concluso un’importante esperienza professionale come Amministratore delegato di una media azienda di ICT. I prodigiosi risultati furono ottenuti grazie ad una squadra competente e motivata. Per premiarli, presi al balzo l’esclusivo invito che HP, nostro tradizionale partner, ci fece per un Executive Briefing presso il loro Competence Center di Houston.

Nadia e Riccardo rimasero a casa ma io, Claudio, Mauro, Elvio e Maurizio (qui ritratti con il project manager di HP) affrontammo i temi tecnologici più importanti dei prossimi anni.

Non eravamo amici, nel senso che io ero il loro capo e anche i miei collaboratori non si frequentavano più di tanto fuori dal lavoro, però stavamo bene insieme e decidemmo di aggiungere alla trasferta americana alcuni giorni di vacanza.

Da Houston siamo volati a St. Louis e da lì a Springfield, abbiamo affittato   tre Harley e un pulmino, per caricarci le valige e alternarci alla guida.

Poco più di seicento miglia per andare dal Missouri all’Illinois, passando per Hannibal, lambita dal Missouri e dai ricordi di Mark Twain.

Non potevano mancare alcuni tratti della storica Route 66.

Entrare a Chicago al tramonto, cavalcando con la moto in mezzo ai grattacieli, è stata un’esperienza straordinaria.

A Chicago abbiamo fatto alcune tappe nei luoghi dei mitici Blues Brothers:

1) Joliet Corretional Center, dove inizia il film:

2) La triple rock Church, dove un James Brown, predicatore invasato, intratteneva i fedeli:

3) Jackson Park, dal quale i nazisti dell’Illinois si sono fatti un bel tuffo per non finire sotto le ruote dell’automobile dei terribili fratelli:

Poi abbiamo girovagato in libertà per Chicago:

Come tutti i viaggi anche il nostro ha avuto una sua fine
In aeroporto a Chicago, prima di partire, abbiamo fatto il punto della situazione utilizzando la metafora del viaggio (e delle valige smarrite, poi ritrovate) per ragionare su questa nostra esperienza professionale che ha inciso anche sul nostro essere. Eravamo soddisfatti e commossi.

 

 

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