Caro Babbo ti scrivo…

Caro Babbo, sono sdraiato su un grande sasso proprio sotto le cascate del Dardagna. Ci siamo venuti solo una volta, dormendo una sera nella Cinquecento e una alla Pensione Caterina di Pogiolforato: una stella, probabilmente eccessiva.
I soldi erano quelli che erano, pochi: però io lo racconto sempre come se ci fossimo venuti cento volte.
Ma come ti piaceva saltare sui sassi, oh, quello si che l’abbiamo fatto tante volte, in quei giorni.
E in quei salti, adesso lo so, si involavano le tragedie del campo di concentramento e di una vita opposta.
In quei salti volavi leggero come il bambino che non hai mai potuto essere.
Qui c’è un pezzo delle tue radici e io ci vengo spesso e volentieri per tenerle vive, come la brace del camino che ostinata non voleva spegnersi.
Mi piacerebbe essere qui insieme, ma te ne sei andato troppo presto perché tra noi potesse tessersi quella trama e quell’ordito che solo la maturità permette.
Vorrei discendere lungo il Dardagna, fino al Leo e poi in Panaro, il Po e il mare. E ritrovarci nella pancia della Balena: ma queste sono favole. E poi cosa vuoi che siano alcune lacrime, in tutta quest’acqua che scorre?
Bé, comunque ciao.
Il tuo figlio.

.

Commenti

I commenti a questo articolo sono chiusi