I giochi
I Giochi sono Transazioni ripetitive che nascondono il bisogno inconsapevole di forti riconoscimenti e che portano a situazioni frustranti come liti, tensioni, ostilità.
Quante volte ci siamo imbattuti in situazioni in cui due persone fanno di tutto per mettersi d’accordo, però non ci riescono e tutto finisce con un conflitto, un finale a sorpresa in cui ognuno dei due ha un sentimento negativo di rabbia o di tristezza?
Berne (nella <formula G o formula dei Giochi> definisce i Giochi “una serie di Transazioni con un Gancio, un Anello, una Risposta, uno Scambio e un Incrocio, che portano ad un Tornaconto”.
La rappresentazione della formula è la seguente: G + A = R -> S -> I -> Tc
Significa che uno dei due giocatori tira un gancio (G), spesso a livello non verbale, proprio nel punto debole del Copione dell’altro, l’Anello (A). Con diverse Transazioni, più o meno lunghe, l’altro giocatore si lascia agganciare e Risponde (R), opponendo giustificazioni apparentemente razionali, finchè non ha la sensazione di essere stato preso di sorpresa. E’ a questo punto che chi ha avviato il Gioco non ha più elementi da opporre, così “esce” dal Gioco e avviene lo Scambio (S). Questo Incrocio (I) dei ruoli genera confusione e incertezza. Alla fine per entrambi c’è un tornaconto (Tc) che rinforza il Copione di ognuno dei due giocatori, attraverso emozioni parassite, non adeguate allo stato Adulto.
Spesso, i Giochi trovano terreno fertile in condizioni di stress, che rivangano quasi automaticamente situazioni molto antiche e radicate nell’infanzia.
Berne identifica tre gradi diversi di intensità dei Giochi: il primo grado si gioca a livello abbastanza superficiale, nella ristretta cerchia sociale dei giocatori; il secondo porta ad esiti più negativi, che i Giocatori preferiscono non rendere pubblici nemmeno all’interno della propria cerchia sociale; il terzo grado è quello che Berne definisce “senza esclusione di colpi, che si conclude in clinica, in tribunale o all’obitorio“.
Un’altra rappresentazione del Gioco è quella del Triangolo drammatico, un potente e semplice mezzo di analisi ideato da Stephen Karpmann. Ogni volta che due persone in senso psicologico “giocano”, si muovono su un triangolo in cui sono posizionati tre ruoli: Vittima, Persecutore e Salvatore.
La Vittima si sente sempre perseguitata dalla sorte, ma incontrerà sicuramente un Salvatore che agisce al posto suo. “Non riesco mai a fare questa cosa, accidenti”. “Non preoccuparti, ci penso io!”
Dopo un po’ però il Salvatore o si arrabbia e diventa Persecutore (“Hai finito di farmi fare sempre tutto, arrangiati, adesso!”), oppure Vittima (“Mi tocca sempre fare tutto a me”).
Anche la Vittima cambia posizione, ad esempio diventando Persecutore: “Lo sapevo che mi avresti mollato, e poi non credere che il tuo aiuto mi sia servito un granchè!”
Ognuno dei ruoli comporta una svalutazione: la Vittima svaluta sé stessa, il Persecutore ed il Salvatore gli altri (il primo perché li ritiene esseri inferiori, da svalutare nella dignità; il secondo perché non li ritiene in grado di farcela da soli). Di certo, tutte e tre le posizioni non sono autentiche, ma ancorate nel passato del Copione e non nel qui ed ora.
I giochi possono, inoltre, essere analizzati attraverso “diagrammi transazionali” elaborati da Berne e da Goulding – Kupfer.
Possiamo sintetizzare questo argomento nel seguente modo:
- i Giochi sono ripetitivi;
- si espandono in posizione di stress;
- sono inconsapevoli, cioè si svolgono senza la consapevolezza dell’Adulto, utilizzando solamente gli Stati dell’Io negativi del Genitore e del Bambino;
- terminano sempre con un’emozione negativa. Anche quando la prima sensazione è di un trionfo, è comunque amaro, non positivo;
- comportano scambio di Transazioni ulteriori, cioè si dice una cosa e se ne pensa un’altra.Si generano momenti di sorpresa e di confusione, nei quali nessuno si sente capito e accusa l’altro del proprio malessere.;
- vengono attivati per confermare le nostre opinioni di Copione e scambiare Carezze, anche se negative: una Carezza negativa è meglio dell’indifferenza;
- non possiamo obbligare nessuno a smettere di giocare ad un Gioco, né possiamo evitare che qualcuno cerchi di adescarci in un Gioco: però possiamo non farci agganciare o uscire al più presto dal triangolo.
Si può uscire dal Gioco entrando in intimità e dichiarando all’altro che ci si è accorti che stiamo giocando, che non vogliamo giocare più e comunicargli la nostra emozione vera, non quella parassita che avevamo avviato con il Gioco.