Quand’ero bambino io quanti vecchi c’erano!
Ma vecchi per davvero, con la faccia segnata
da un labirinto di rughe messe lì da tante fatiche
spesso sotto il sole a vangare zappare
e coltivare la terra.
Mi piaceva osservare le loro facce
e quegli occhi quasi sempre vivaci
ancora curiosi.
D’altronde, il mondo andava forte
e ogni giorno ce n’era una nuova.
I vecchi raccontavano sempre lo stupore
della prima volta che si accese la luce
e si spense la lampada a petrolio.
O quando, nella cabina telefonica
del bar del paese
avevano sentito la voce del loro parente
emigrato oltre oceano:
“Ma ét dabàun tè?*” chiedevano increduli.
Mi sovviene che oggi nessuno
vuole più sembrare vecchio.
E allora giù di palestre, diete e privazioni
in un incongruo affresco di plastica.
Sui visi dei vecchi di adesso
mi pare di leggere insoddisfazione e tensione.
Non è una malevola proiezione
ma una sola constatazione.
Ai miei tempi i vecchi non si vergognavano
di essere vecchi e si riposavano di più
rinunciando a contrastare a tutti i costi
l’incedere del tempo.
Se i vecchi smettono di fare i vecchi
il tempo poi si ferma e non si evolve.
Ai vecchi si addice la mollezza e un po’ di flaccidità
e allora mi tengo tutto
un po’ di pancia, doppio mento e pappagorgia.
Ma anche la serenità di chi pensa e sente
di aver fatto tutto il possibile.
E neanche male.
*) Ma sei davvero tu?
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