La presentazione alla Casa della Cultura di Milano, il 28 novembre 2005, durante la quale hanno discusso del libro, con me, Gianfranco Dioguardi, Mario Agostinelli e Francesco Varanini, coordinati da Ferruccio Capelli.
E’ stata una bellissima serata sia per i contenuti che per la presenza di tante persone a me care come mio figlio Paolo e la mia compagna, amiche e amici e compagni di lavoro. I commenti dei relatori sono stati incoraggianti ed autenticamente “caldi”, svelando significati delle mie parole nuovi anche a me. E’ proprio vero, nel momento in cui pubblichi qualche cosa questa non è più tua, ma di ognuno che vuole attraversarla e darne la propria interpretazione. Grazie alle tantissime persone che mi sono state vicine in questo bel momento.
Pensieri in libertà
Bè, intanto già vedere nella sezione management di una libreria un libro con la prefazione di Claudio Lolli, è una cosa “unusual”.
Vorrei che il mio libro fosse considerato, senza “se” e senza “ma” dalla parte dei ragazzi e dei manager.
I ragazzi, gli adolescenti, sono molto osservati e descritti, ma poco ascoltati. Invece, nelll’informe caos dell’adolescenza, crescono, si affrancano, contestano. A questi inguaribili sognatori e poeti, persi in lunghi attimi di interminabili e deserte esistenze, va il mio affetto. Per questo condivido il Lauro adolescente di tanti anni fa, pubblicando pezzi del mio diario. E un diario è ben diverso da un’autobiografia. Quest’ultima mi ricorda quei commenti dei vari giornalisti sportivi (?) a partita conclusa. E’ facile commentare, si sa già com’è finita! Quando scrivevo il mio diario, invece, non sapevo come sarebbe andata, e mi fa piacere che mio figlio, ad esempio, possa leggere com’era il suo babbo alla sua età.
A questi ragazzi, a questi giovani ai quali la nostra generazione si sta assumendo la responsabilità di far loro immaginare il futuro più come una minaccia che non un’opportunità, va il mio pensiero.
E poi ai manager, anche se io – dico nel libro – preferisco la parola dirigente.
Perchè per alcuni casi, che sono una straordinaria minoranza che fa notizia, manager è oggi assimilato a maneggione, a persona poco trasparente. Nessuna indulgenza o comprensione nemmeno latente per quei manager che adottano comportamenti inaccettabili sotto il versante etico, economico, legale.
Però, perchè non provare a spostare questa sporcizia, perchè non vedere anche le migliaia di persone che tutte le mattine, onestamente e con costanza, slalomando tra gestione implacabile e visione strategica, cercano di fare quadrare i conti, di tenere insieme le esigenze di azionisti, clienti, dipendenti, fornitori?
Ci sono, certo, dirigenti cinici e prevaricatori, piccoli “ducetti” che compensano l’assenza di autostima imponendosi sugli altri: ma non sono la maggioranza!
E’ vero, il contesto generale è grigio, ma questo significa che le persone ci portano in azienda anche le preoccupazioni per sè stessi, i loro figli, le tensioni geopolitiche…
Chi dirige sicuramente deve avere un marcato orientamento al business: guai all’azienda diretta da una persona attenta agli altri, eticamente inapprensibile, ma che non sa fare i conti e non sa garantiire la prosperità, quindi la prospettiva, alle persone che in quell’azienda hanno messo i loro soldi o mettono il loro lavoro.
Ma accanto ad una robusta competenza e ad una frizzante energia serve anche un’educazione sentimentale ed emotiva, una calda e profonda umanità.
LV