«In pochi a nuoto arrivammo qui sulle vostre spiagge. Ma che razza di uomini è questa? Quale patria permette un costume così barbaro, che ci nega perfino l’ospitalità della sabbia; che ci dichiara guerra e ci vieta di posarci sulla vicina terra?”.
Questo grido di dolore non è di uno dei tanti disperati che attraversano il Mediterraneo. No, è di Enea, figlio di Anchise e di Venere. Attraversò il Mediterraneo, anche lui, pochi anni prima della nascita di Cristo, approdò in Lazio e fondò Roma.
Quindi più di duemila anni e siamo ancora qui?
La riflessione mi viene dall’editoriale di Antonio Scurati, su “La Stampa” di oggi. Ci sono decine di persone in mezzo al mare in tempesta e il Ministro dell’Interno fa battute per qualche applauso e molti voti. Chissà dove ha messo il Vangelo sul quale ha giurato prima delle elezioni?
“Se non nel genere umano e nella fraternità tra le braccia mortali, credete almeno negli Dei, memori del giusto e dell’ingiusto” continua Enea.
E allora la complessità dell’immigrazione, la vigliaccheria dell’Europa, il pendolo insopportabile tra il buonismo dell’accogliamoli tutti e la cattiveria di chi dice di affondare i barconi, tutto questo non può diventare un alibi.
Prima tiriamoli fuori e diamo a queste persone l’ospitalità della sabbia, poi negoziamo perché ogni Stato faccia la sua parte.
Tra negoziazione e negazione ci sono solo due vocali e una consonante di differenza. Troppo poche, troppo sottile il confine. Rischiamo così di negare e rimuovere la questione. Per poi commuoverci, domani, nel Giorno della Memoria.
Ma quelle 540 persone portate via dal Centro di Castelnuovo di Porto (“…su pullman di lusso”, ha ironizzato un giornalista, che forse domani andrà a Messa), sradicate dal contesto nel quale si erano inserite, con bambini che da due anni andavano a scuola e adesso chissà cosa faranno, quelle Persone e le loro valige fatte in fretta non possono essere i nuovi deportati?
So che non è tanto ma condivido l’indignazione di Andrea Camilleri e “Ci tengo da cittadino italiano, a dire questa frase: Non in nome mio”.
Grazie a Giorgio per avermi segnalato l’editoriale di Scurati e il video di Camilleri.
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