Ieri, nella bellissima cornice di Villa Angelica ad Ozzano dell’Emilia, ho partecipato al primo dei tre incontri “Il Manager – Coach” promossi dalla società S&A Cange.
Insieme a diversi manager ho vissuto un evento molto interattivo, ben condotto e con giusta misura tra esperienza diretta e concetti di riferimento. A parte una partecipante ed Andrea, consulente della società, non conoscevo nessuno. Eppure, in poco più di tre ore si è creato un buon clima tra tutti. Ci è stata proposta una simpatica ed utile esercitazione: a turno, ogni partecipante andava al centro dell’aula disposta a ferro di cavallo e su quel palco virtuale si presentava. Le altre persone segnavano, di fianco al suo nome, un aggettivo che esprimesse la loro prima impressione di chi stava parlando. Alla fine, ad ognuno di noi è stato restituito l’insieme delle prime impressioni destate. Si è ragionato sulll’importanza della prima impressione che, pur non dovendo diventare un giudizio inappellabile, incide molto nelle relazioni personali e professionali.
Di questo pomeriggio mi sono portato a casa: un inserto di speranza, una riflessione sull’autostima e un accecante lampo di ovvietà. La speranza nasce dal fatto che se tante persone, ai vertici aziendali, esprimono una sensibilità così profonda ed una disponibilità a “mettersi in gioco”, bè, allora, le pur giuste e amare riflessioni sulla classe dirigente mediocre possono in parte essere riviste. La riflessione sull’autostima nasce dal fatto che quando ho visto le lusinghiere “prime impressioni” sono rimasto sorpreso e quasi commosso. Ho sentito che, aldilà del lavoro che sto facendo su di me e della grande abilità nel non mostarlo, resiste un sentimento di parziale inadeguatezza e non accettazione di me da parte degli altri. La testimonianza sincera e pregnante di un professionista – imprenditore che raccontava la sua esperienza di slegarsi in parte dal giudizio degli altri, osando anche scelte coraggiose, mi ha fatto riflettere. Infine, l’accecante lampo di ovvietà: un grande sportivo, che ha vinto gare importanti…mica smette di allenarsi! Quindi, a queste tematiche relazionali e di conoscenza di sè stessi e degli altri non c’è mai il momento nel quale dire: “Adesso non devo più imparare nè esercitarmi”.
So che parlare di neoumanesimo manageriale (o imprenditoriale) fa sorridere o schifare non poche persone. Però tanto tempo fa rimasi colpito dalle parole che Primo Levi, ne “La chiave a stella”, faceva dire all’ex operaio Faussone: “Se si escludono istanti prodigiosi che il destino ci può donare, amare il proprio lavoro costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”. Se poi le persone sono a capo di altre persone, allora la responsabilità di creare ambienti di lavoro vivibili ed orientati allo sviluppo sia personale che aziendale aumenta in modo esponenziale. Sursum corda!
“Socievole” è l’aggettivo in cui mi sono più riconosciuto e “Pacato” quello che sento meno mio.
Commenti
I commenti a questo articolo sono chiusi