UMANI, NON EROI
Le recenti morti di Gianluca Vialli e di Siniša Mihajlović hanno commosso il mondo intero ma anche dato la stura al popolo dei social: un luogo nel quale, come sostiene Guccini, molte bocche parlano e poche teste pensano.
Quasi tutti hanno sottolineato come i due campioni del calcio abbiano lottato strenuamente, quasi che l’esito finale in parte potesse dipendere da qualche calo della prestazione, non avendo vinto la partita più importante. Giorgia Meloni ha definito Vialli “Re Leone in campo e nella vita”.
La lotta contro il cancro non è una battaglia e neppure una competizione. È un fatto inaspettato e ingiusto che colpisce spesso a tradimento e che non riusciamo ad accettare perché abbiamo bandito il dolore e la morte dalle nostre vite.
Consiglio di cuore due libri: “La società senza dolore” del filosofo Byung-chul Han e l’ultimo testo di Enzo Bianchi: “Cosa c’è di là”.
Secondo il priore della Comunità monastica di Bose, parlare della morte è parlare della vita. Perché la morte è parte integrante della vita, perché il delirio di onnipotenza e la philautìa (amore di sé) ci presentano la tappa finale come “…un evento disumano e senza senso, che può solo aprire abissi di desolazione”.
Tutti meritiamo una morte dignitosa, anche quando il nostro DNA impazzisce. Per questo ho sottoscritto il testamento biologico e ritengo l’eutanasia un diritto innegabile. Proprio perché amo la vita, ritengo che esista una soglia di dignità da non superare. Lo stesso Bianchi afferma: “Guai a chi beatifica il dolore, guai a chi spende troppe parole sulla sofferenza: sovente il silenzio, lo sguardo, una carezza, la mano nella mano sono l’unico modo per alleviarli”.
Spesso i miei nipotini mi chiedono quando morirò, se, ad esempio, un loro compagno ha perso il nonno. Gli rispondo che spero il più tardi possibile ma che questo succederà perché così è naturale che sia.
Quando parlo di queste cose con i miei amici, noto un’insofferenza latente e so bene che si tratta di una difesa per non fare i conti con questi argomenti. E invece, avvicinandoci alla vecchiaia, gustarsela al meglio “…significa aggiungere vita ai giorni, soprattutto quando non è possibile aggiungere giorni alla vita”.
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