Mai come in questi periodi la bufera è implacabile, eppur bisogna andare…
Come tutti i 25 aprile, postando la foto del mio zio mai conosciuto, o meglio conosciuto principalmente attraverso i racconti del mio babbo, intendo condensare un ricordo e un ringraziamento per tutti coloro ai quali dobbiamo la nostra libertà.
Roberto Moscardini, “Lupo”, fu il primo partigiano a cadere nella zona di Castelfranco Emilia. Come ben ricorda Savina Reverberi, nel suo bellissimo libro dedicato alla mamma Gabriella Degli Esposti, i fascisti si accanirono in modo oltremodo spietato su quel povero cadavere, lasciandolo esposto per cinque giorni a testa in giù e costringendo gli alunni delle medie a passargli davanti, sputandogli addosso. Aveva proprio ragione Sartre: Il fascismo non è definito dal numero delle sue vittime, ma dal modo con cui le uccide.
Di Roberto Moscardini ho ampiamente scritto ne “L’ultima nuvola“, ricordando l’incredibile vicenda dei quattro Fratelli Moscardini, morti in circostanze diverse durante la guerra di Liberazione: chi per mano dei fascisti, chi dei nazisti, chi di briganti che si definivano partigiani e chi dagli alleati. Il quinto fratello sopravvisse ma finì in campo di concentramento. Mi sono sempre chiesto perchè di questa vicenda se ne sia sempre parlato così poco. Fu Gildo Guerzoni, durante una bellissima intervista della quale ho ancora la registrazione, a consegnarmi l’opuscolo redatto dall’ANPI di Castelfranco Emilia dal titolo: Le lunghe ombre – monografia sulla vita e il sacrificio dei quattro fratelli Moscardini martiri della resistenza.
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